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Il bambino che non parla e il bambino balbuziente

Di Francesco Macri

Un problema relativamente frequente è rappresentato dal ritardo del linguaggio. 

In pratica possiamo pensare di trovarci di fronte ad un ritardo del linguaggio quando un bambino a 2 anni pronuncia meno di 50 parole oppure a 2 anni e mezzo non presenta un linguaggio combinatorio ( compiere frasi). Una prima considerazione è che nella maggior parte dei casi non si tratta di un vero e proprio problema: esistono i “Late Talkers” ad esempio, bambini che parlano in ritardo senza avere problemi neurologici o cognitivi o di funzione fonatoria di alcun tipo e che , anche se in ritardo, avranno un linguaggio normale, oppure esistono bambini con”Gergolalia”, in pratica hanno un loro gergo comunque espressivo, oppure esistono bambini con “ Mutismo Selettivo”, situazione molto particolare caratterizzata dal fatto che il bambino non parla solo in certe circostanze o soltanto con alcune persone. 

Questa ultima situazione, nonostante la sua relativa benignità, rappresenta però il punto di passaggio verso quadri di ritardo del linguaggio che possono nascondere una patologia, facendo parte , insieme all’autismo, dei disturbi del linguaggio su base Affettivo-Relazionale. In sintesi il ritardo o disturbo del linguaggio dovuto ad un problema reale può far parte di questi quadri 

• Sordità  

• Lesioni del sistema nervoso centrale ( malformazioni, infezioni congenite…) 

• Ritardo mentale ( come avviene in alcune sindromi, Down …) 

• Psicopatologia affettivo relazionale ( autismo, mutismo selettivo…) 

Tutte queste situazioni di “patologia” possono essere intercettate quando si notano problemi nel gioco , ad esempio il bambino manifesta scarsa attività di manipolazione oppure poche forme di gioco simbolico. Altri parametri riguardano i gesti , ad esempio compie pochi gesti comunicativi, o le abilità sociali in quanto ha  problemi di comportamento, oppure ha rare iniziative di comunicazione o difficoltà a prender parte alle attività insieme agli altri. 

Certamente la situazione più frequente è anche quella più benigna, ovverosia quella dei “Late Talkers”, che si risolve spontaneamente entro il 4° anno nella quasi totalità dei casi, soltanto nel 3% dei casi evolve in un vero disturbo del linguaggio. 

Cosa deve succedere  in pratica? 

Nel momento in cui un bambino a 2 anni pronuncia meno di 50 parole bisogna innanzitutto escludere che non presenti un ritardo generico dal punto di vista neurocognitivomotorio, nel senso che fino a quel momento non abbia presentato delle irregolarità nelle normali tappe di sviluppo come il sorridere, lo stare seduto, compiere i primi passi ( se un bambino sorride a 2 mesi, sta seduto a 6, compie primi passi a 14 è normale con il 90% di probabilità), oppure eseguire ordini semplici, seguire con lo sguardo, reagire quando chiamato con il proprio nome…L’altra cosa importante da escludere è un problema di udito, verifica attuabile anche a casa con diverse tecniche e trucchi (i genitori attenti in questo sono molto capaci ) oppure da parte di esperti in audiologia. Quando queste due valutazioni di base sul ritardo e sull’udito danno risultato favorevole,  il passo successivo è un trattamento logopedico. Ovviamente nei casi con presenza di patologie specifiche il trattamento logopedico si affianca al trattamento della situazione di base. C’è da segnalare che i bambini con disturbo del linguaggio con risoluzione più tardiva hanno maggior rischio di sviluppare dislessia. 

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Un discorso a parte merita la balbuzie o, come oggi si preferisce dire, il disturbo della  fluenza della loquela,  che consiste nell’effettuare ripetizioni o prolungamenti involontari dei suoni, delle sillabe o delle parole. Può anche includere blocchi improvvisi, durante i quali la persona è incapace di produrre alcun suono. La balbuzie può variare in gravità da lieve a grave e può influire sulla comunicazione e sull’autostima di chi ne è affetto. 

 Le cause  della balbuzie non sono ancora completamente comprese, probabilmente si tratta di  una combinazione di fattori genetici, neurologici e ambientali alla base  del disturbo. L’aspetto familiare, ovverosia la presenza di balbuzie in un genitore, più che nascondere elementi genetici potrebbe essere dovuto ad  comportamento imitativo. Spesso la balbuzie inizia durante l’infanzia, quando il bambino sta imparando a parlare, ma può persistere anche in età adulta.  

La balbuzie può essere ripetitiva ( si tende a ripetere più volte una parola o una parte di essa) o spastica ( ci si blocca nel pronunciare una parola). La seconda versione può accompagnarsi a movimenti di altre parti del volto o del collo o delle spalle e, in genere, si ritiene più impegnativa e, in genere, si accompagna ad un maggior disagio del bambino, ad un maggior timore di essere notato. 

La balbuzie che inizia  prima della età scolare ha normalmente un decorso più favorevole e risolversi anche con semplici consigli: ignorare il problema, non intervenire per aiutare il bambino ( completare la frase al suo posto, dire “ stai calmo” “rilassati” etc…), evitare atteggiamenti troppo correttivi ( “ non interrompere quando parla papà”, “stai seduto composto mentre mangi” “ non girare scalzo per casa” etc…). Ovviamente ciò non vuol dire che non si devono dare regole ai bambini, il problema è nell’esagerare nel farlo! 

Quando il sintomo tende a persistere si possono prendere in considerazione interventi terapeutici come  tecniche di respirazione, esercizi di rilassamento, strategie di controllo del ritmo e tecniche di consapevolezza del linguaggio. La terapia può essere svolta da un logopedista specializzato nel trattamento della balbuzie. 

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