Insegnamento delle CAM nelle Università, un problema aperto
Alcuni anni fa, alla “Sapienza” di Roma, fu discussa una tesi di laurea in Medicina dal titolo “La terapia Omeopatica della tosse nel bambino”. La candidata ottenne la Laurea a voto pieno con lode, ma non è dato sapere se, in seguito, abbia tratto vantaggi dall’evento e non è dato sapere neanche se, nella sua attività di Medico, abbia poi deciso di professare la Medicina Omeopatica. Allora, in realtà, non era neanche abitudine dichiararlo, si decideva di essere un medico omeopata e bastava la decisione. In questi ultimi anni però , da Terni in poi, la pratica professionale delle principali Medicine Complementari (che chiameremo CAM), gradualmente ha conseguito una dignità assolutamente imprevedibile in passato. A Terni, nel marzo del 2009, infatti, la FNOMCeO stabiliva che: L’esercizio delle suddette medicine e pratiche non convenzionali è da ritenersi a tutti gli effetti atto medico e pertanto si ritiene: essere le medicine esercitabili e le pratiche gestibili, in quanto atto medico, esclusivamente da parte del medico chirurgo ed odontoiatra in pazienti suscettibili di trarne vantaggio dopo un’adeguata informazione e l’acquisizione di esplicito consenso consapevole; essere il medico chirurgo e l’odontoiatra gli unici attori sanitari in grado di individuare pazienti suscettibili di un beneficiale