Autore: Prof. Francesco Macrì

La Dieta Mediterranea e la Piramide Alimentare

Il termine Dieta Mediterranea venne coniato dal fisiologo statunitense Ancel Benjamin Keys (Colorado Springs, 24 gennaio 1904 – Minneapolis, 20 novembre 2004) che nel dopoguerra, durante il soggiorno in un paesino della costiera cilentana, Pioppi, notò come lo stile di vita della popolazione autoctona fosse legato ad una bassa incidenza di patologie cardiovascolari. Questa intuizione permise al Dott. Keys di intraprendere uno studio osservazionale che porta il nome di “Seven Country Study” in cui vennero messe a confronto le diete adottate in sette paesi del mondo (Italia, Giappone, Grecia, Stati Uniti, Finlandia, Yugoslavia e Paesi Bassi (AA.VV., Seven Countries: A Multivariate Analysis of Death and Coronary Heart Disease, Harvard University Press, 1980). I risultati di questo studio confermarono che nei paesi che affacciano sul Mar Mediterraneo era minore l’incidenza di malattie cardiovascolari. La differenza nello stile della dieta, definita quindi “Dieta Mediterranea” risiedeva nel maggior consumo di cereali e alimenti di origine vegetale come legumi, frutta, verdura, olio extravergine di oliva a discapito di prodotti di origine animale. Questa iniziale intuizione del Dott. Keys venne poi confermata negli anni da studi internazionali. Negli anni ‘90 il concetto di Dieta Mediterranea è stato rappresentato in uno schema grafico a forma di

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Metanalisi o Analisi a Metà?

La recente espulsione di Peter Gøtzsche direttore del Nordic Cochrane Centre di Copenhagen (Denmark), dal board della Cochrane Collaboration per la sua presa di posizione critica sulla revisione effettuata sulla efficacia del vaccino HPV da molto da pensare. La Cochrane è uno dei santuari della Evidence Based Medicine (EBM) e l’episodio mette in crisi il concetto della inequivocabilità del EBM: le critiche all’ EBM hanno sempre avuto come spunto gli aspetti negativi legati a come il medico si possa sentire compresso da una Medicina che fa dell’evidenza scientifica unico parametro da considerare per le decisioni cliniche nell’ambito della sua attività di cura, non essendo considerata la possibilità della sua equivocabilità. Risulta, ad esempio, che l’82% dei pediatri americani conosce le Linee Guida che riguardano la pediatria ma che soltanto il 35%, per i motivi sopra accennati, le rispetta!!. L’EBM è nata ufficialmente nel 1994 con un articolo comparso su JAMA e sicuramente ha rappresentato una tappa fondamentale nella storia della Medicina Contemporanea, affermando il principio che il medico, nella sua attività di cura sul paziente, deve attenersi, sia dal punto di vista diagnostico che terapeutico, alle conclusioni che la letteratura scientifica mette a disposizione, sempre alla luce della propria esperienza,

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Ormesi e Vit D

Tutti hanno idea di cosa sia una vitamina, molti hanno idea di cosa sia la vitamina D (Vit D), pochi hanno idea del suo metabolismo e dei suoi meccanismi d’azione, pochissimi hanno idea di come possa avere effetti negativi. Da diversi anni la Vit D è tornata alla ribalta (1), uscendo fuori dal suo ruolo tradizionale di terapia del rachitismo, emancipandosi ad ormone vero e proprio. Viene prodotta dalla cute per azione dei raggi solari sul Deidrocolesterolo, ma anche assunta per via alimentare, divenendo attiva dopo un passaggio epatico per la prima idrossilazione e renale per la seconda. Il prodotto finale 1-25OH-Vit D si distribuisce nell’organismo producendo i suoi effetti metabolici e, una volta metabolizzato ad acido calcitroico, eliminato con la bile (2). La Vit D viene prodotta anche in situ in diversi organi del nostro corpo e i suoi recettori sono in pratica omnipresenti e ciò spiega la sua azione a vari livelli e le sue numerosissime funzioni, dal controllo del metabolismo del calcio, alla protezione verso le malattie infettive, alla modulazione dell’apoptosi con il conseguente effetto nel contrasto alle neoplasie e alle malattie autoimmuni, alla regolazione del metabolismo glicidico (3). I dati correlerebbero la sua carenza anche ad

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Il pediatra e la depressione materna perinatale

Il problema. Il parto e la nascita di un figlio rappresentano un evento molto complesso e, a causa dei cambiamenti di tipo biologico, sociale e psicologico che ne derivano, la donna ha bisogno di notevoli risorse personali per affrontare il necessario processo di riorganizzazione dei rapporti sociali e di coppia. Tutto ciò può comportare nella neo-mamma disturbi psicologici di varia intensità che vanno dalla forma più lieve (Maternity Blues), più precoce, che in base alla elevata incidenza può essere considerata parafisiologica, fino al quadro rilevante, più tardivo, rappresentato dalla “depressione perinatale” vera e propria. Sicuramente molto rari quadri clinici più complessi come la “Psicosi Puerperale” e il “ Disturbo da Stress Post-Traumatico da Parto” ,che assumendo le caratteristiche di una vera e propria patologia psichiatrica, non verranno considerati ai fini della nostra trattazione. Le ripercussioni della depressione materna sul comportamento del bambino possono essere rilevanti e di vario tipo, provocando sintomi cosiddetti “psicosomatici”, come disturbi del sonno, inappetenza, pianto, coliche, ma anche disturbi o sintomi di tipo psichiatrico significativi, tra quelli più rilevanti descritti dalla neuropsichiatria infantile e che sono i disturbi dello sviluppo e i disturbi dell’umore e del pensiero. Scopo di questo capitolo è indicare le conseguenze che

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